Lui è Tomaso Ledda, un giovane sardo che ha sviluppato un nuovo progetto per valorizzare un piccolo paesino del centro Sardegna.
Si chiama “Nughedu Welcome” la sua idea di “accoglienza diffusa”, nata per far conoscere il territorio di Nughedu Santa Vittoria, nel pieno centro della Sardegna, in provincia di Oristano.
“Siamo i custodi della nostra biodiversità – si legge sul sito dell’iniziativa – difendiamo la qualità delle nostre produzioni dalla massificazione e dall’omologazione. Siamo guardiani di istanti antichi che rivivono ogni giorno nei nostri gesti e nella docile sapienza dei nostri riti produttivi“.
Una bella sfida, insomma, in un mondo sempre più globalizzato, voler combattere lo spopolamento del paese proponendo esperienze di accoglienza e scoperta del territori di un piccolo paesino. Esperienze di convivialità basate sulla partecipazione degli abitanti del luogo (i “local” di cui abbiamo già parlato sul blog) che per una sera fanno da oste e aprono le porte delle proprie abitazioni per condividere piatti tipici come gnocchetti o la pecora in cappotto.
Quando sono stato all’estero ho scoperto che non è scontato in altri paesi mangiare insieme durante i pasti e ho riscoperto la bellezza della condivisione italiana del cibo, la convivialità appunto, che aiuta alla conoscenza, al confronto, al dialogo e alla condivisione.
In Sardegna, purtroppo, ci sono sempre più paesi a rischio spopolamento e per molti di questi mancano idee e progetti per combattere questo fenomeno. Molti di questi diventeranno paesi fantasma come già alcuni borghi sono abbandonati, come piccole Cinecittà in attesa di qualche turista curioso.
Ho chiesto a Tomaso di raccontarmi da cosa nasce la sua idea e il suo coraggio.
Ciao Tomaso, quando è nato Nughedu Welcome?
Intanto grazie per l’interesse. I progetti come questi nascono quando le circostanze sono favorevoli. Nel nostro caso hanno concorso tre fattori principali: il primo è che Nughedu Welcome ha alla base una tesi universitaria, dunque un approfondito lavoro di ricerca. Il secondo riguarda senz’altro il sostegno dell’amministrazione di Nughedu Santa Vittoria e del sindaco Francesco Mura, un giovane amministratore di talento che ha la determinazione giusta per sfide come queste. Il terzo è senza dubbio la pecora, poi ti spiego perché.
Perché proprio Nughedu?
Nughedu è fatta di persone straordinarie votate all’accoglienza. Basta attraversare, anche solo per sbaglio, una sola volta il paese, e si rischia di stare lì fino a tardi a cena a casa di qualcuno. Giuro! Ho degli amici a cui è accaduto veramente. Credo che per Nughedu questo progetto sia un’evoluzione quasi naturale, che ha avuto bisogno però di una lunga fase di contaminazione.
Quali sono i prossimi passi del progetto?
I prossimi passi saranno una corsa. Già in primavera e in autunno infatti diversi gruppi di viaggiatori tedeschi proveranno il sistema di accoglienza diffusa, e avranno modo di mangiare in casa dei cuochi nughedesi, e faranno anche delle esperienze come la panificazione o gli itinerari naturalistici e archeologici. Nughedu Welcome sarà un brand in costante evoluzione, e grazie alla collaborazione tra l’amministrazione e Nabui (la società che ha sviluppato il progetto, di cui Tomaso è co-fondatore), presto ci saranno molte sorprese.
Quindi la pecora?
Ah giusto! La pecora è il dio protettore di Nughedu Santa Vittoria. In Sardegna si parla molto del maiale, e viene sottovalutata la pecora, che a mio avviso ha delle potenzialità quasi magiche. Si dice che del maiale non si butta via nulla, ma la pecora è in grado di fornire la lana per riscaldarci, il latte, i formaggi, la carne, che per Nughedu per esempio sta alla base della cultura gastronomica identitaria. A Nughedu si sta consumando il primo vero riscatto della pecora nei confronti del maiale. A questo punto credo che dovremmo guardare tutti la pecora con un po’ più di devozione.
Vivere e lavorare in Sardegna: raccontami la tua esperienza. Sei contento di lavorare in Sardegna? Come vedi la nostra isola in futuro?
Ho vissuto alcuni anni fuori dalla Sardegna, e ancora oggi viaggio spesso, soprattutto a Nord Italia, Milano, Torino, Venezia. Ho visto molte cose e ho visto i principali focolai dell’innovazione presenti in Italia. Poi ho deciso di tornare. Penso che il motivo dipenda da molti fattori: certamente le radici, la casa, i focolare domestico, da cui deriva la mia ossessione nel confronti della conservazione dell’identità. Poi penso che noi isolani siamo quasi antropologicamente legati alla terra. La nostra condizione di “isolamento” ci ha spinti negli anni all’autoconservazione, all’aggregazione comunitaria (più forte che in altri luoghi) e anche alle lotte intestine – motivo principale delle difficoltà di lavorare in questo territorio.
La Sardegna, a mio parere, dovrebbe lavorare molto di più sulla collaborazione, sul valore generato dalla condivisione. In futuro io immagino un territorio consapevole del proprio valore, che investe su se stesso, guardando fuori agli stimoli delle grandi città per portali dentro e diventare un modello sociale. Ovviamente per fare tutto questo è necessario avere dei buoni amministratori, perché, nonostante i populismi degli ultimi tempi, non dobbiamo dimenticarci che è la politica il motore delle comunità. È necessario riacquistare un senso civico e lottare per il bene della propria terra.
Sono contento di lavorare in Sardegna, nonostante gli avversari da combattere siano molto tosti. L’apatia, tra tutti, è il nemico da sconfiggere, quello più forte. Perché genera un sacco di problemi, tra cui, appunto, lo spopolamento.
Grazie Tomaso!
Se siete curiosi visitate il sito nugheduwelcome.it oppure seguite la pagina Facebook.